Southbound


Regia: Vari Registi

Interessante antologia horror che ha in comune un tranquillo pezzetto di strada, dove ne succederanno di ogni, racchiudendo così al suo interno un po’ tutti i vari sottogeneri dell’horror, come vuole la tradizione. 

Tradizione che era già stata inaugurata dal promettente V/H/S, che non sarà di certo il primo film a seguire questa logica (precisazione doverosa perché lo so che ci sarebbe stato qualche megapignolo che mi avrebbe aggredito prontamente), ma che è servito a molti di coloro che hanno lavorato a questo Southbound o come trampolino di lancio (vedi il gruppo Radio Silence per esempio), o come conferma dopo un esordio così così (citofonare David Bruckner, quello di The Signal per intenderci).

Oltre alla strada, ad accumunare i vari episodi di cui parlerò più dettagliatamente di seguito, vi sono delle simpatiche creature incacchiate più di Salvini quando vede nero, che risultano ben fatte ed inquietano il giusto. Chissà che cosa ne sarebbe uscito se fossero state protagoniste di un unico film monoepisodico. 

Ma passiamo ad analizzare i 5 episodi che compongono l’antologia.


The Way Out, diretto dal gruppo dei Radio Silence.

Episodio simil cornice, ripreso poi dal segmento di chiusura per ritornare dove ci si era interrotti, ovvero durante quell’angosciante fuga dalle creature sopracitate che non fanno sconti a nessuno.
L’atmosfera è inquietante, la realizzazione dei mostri, come già anticipato è convincente e lo splatter non manca, il tutto condito da musiche stuzzicanti e dal tema del loop temporale che personalmente mi ha sempre entusiasmato (vedi Triangle per esempio).
Un inizio promettente.



Siren, diretto da Roxanne Benjamin.

Nonostante il nome, questo segmento non ha nulla con il Siren protagonista del V/H/S e del lungometraggio che ne segue, ma narra le vicende di 3 ragazze appartenenti ad una band che si trovano nello stesso motel dove giunge il protagonista dell’episodio precedente. A seguito del classico guasto al veicolo, si ritroveranno ospiti di un’apparentemente tranquilla famiglia.
Bello pure questo, con le situazioni irreali che vengono a crearsi (intorno al tavolo per esempio) che intrigano e con l’illusione che l’essere vegetariani possa garantire la salvezza. Situazione questa che il segmento successivo chiarirà meglio. 



The Accident, diretto da David Bruckner.

Qui la ragazza malata di vegetarianesimo, riuscita a fuggire da quella famiglia di pazzi, verrà investita da un guidatore distratto che, seguendo delle misteriose istruzioni telefoniche, tenterà di improvvisarsi medico chirurgo al fine di salvare (?) la giovane.
Questo è senza dubbio il migliore del lotto, sanguinoso, macabro, girato molto bene e con dosi di splatter veramente generose.
Tanto di cappello.



Jailbreak, diretto da Patrick Horvath.

La misteriosa voce dell’episodio precedente ha un volto di donna, che entrerà in un bar ove un uomo con fucile va in cerca disperata della sorella.
Trattasi a mio avviso del segmento più debole, che viene parzialmente salvato dalla buona prestazione del protagonista (tale David Yow, cantante dei Jesus Lizard per i più distratti) e da una testa esplosa. Per il resto non c’è molto altro da segnalare.
Non indimenticabile (e infatti non è che me lo ricordi tanto bene anche se sono passati solo pochi giorni dalla visione).



The Way In, diretto ancora dal gruppo dei Radio Silence.

Come da copione, è la chiusura del cerchio, che ci piomba addosso sotto forma di home invasion cattivo al punto giusto, per poi virare verso qualcos’altro nel finale, in modo da potersi riconciliare con le vicende viste durante il primo episodio.
Niente di particolarmente memorabile, ma una buona chiusura.



Tra ottimi spunti e qualche piccola caduta, si può dunque affermare che Southbound sia un prodotto di buon livello, con idee interessanti ed un intrattenimento che non viene quasi mai a mancare, grazie anche alla struttura episodica che facilita il mantenimento dell’attenzione da parte dello spettatore.

Giudizio complessivo: 7
Enjoy,





Trailer



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