La Grande Abbuffata


Regia: Marco Ferreri

L'Italia negli anni '70 è stata protagonista di una fase strepitosa di crescita economica, dove il tutto sembrava andare per il verso giusto e dove ognuno poteva iniziare a permettersi beni fino a quel momento considerati di lusso come televisioni, frigoriferi, lavatrici, automobili e quant'altro.

Tutti erano felici.
Beh, non proprio tutti...qualcuno stava già iniziando a capire che il consumismo non porta solo benefici ma che anzi, a lungo andare, potrebbe portare alla morte della società stessa, incapace di autosostenersi e pronta a collassare come un fragile castello di carte. Questo Marco Ferreri già lo aveva capito nel 1973 ma la sua lezione, purtroppo, non è stata ben recepita nemmeno allora.


La presentazione del film in vari Festival ha suscitato scandali e polemiche per la presenza sovrabbondante di scene di nudo e di volgarità in genere, accuse parzialmente fondate ma che non tengono conto della morale del film. Lo scopo della pellicola è quello infatti di mostrare il consumismo, portato al'eccesso e pensato per farci riflettere su come la nostra vita non sia altro che egocentrismo e soddisfacimento dei piaceri carnali, senza pensare né al prossimo né al resto del mondo.

La storia della Grande Abbuffata è semplice: quattro vecchi amici decidono di rinchiudersi nella villa di Philippe, uno di loro, e mangiare per diversi giorni senza tregua, fino alla morte. Ad accompagnarli in questo macabro e lussurioso viaggio ci saranno quattro donne: Andrea, una maestra che la comitiva riesce a far partecipare all'orgia culinaria e tre prostitute, le quali però dopo poco tempo, stufe dell'ossessione per il cibo da parte degli altri, decidono di andarsene prima che la situazione degeneri.



Il film quindi procede con i nostri protagonisti che continuano a mangiare cibi di ogni tipo e si concedono piaceri sessuali ogni qual volta lo desiderano. 

Interessante la scelta di mantenere, per ogni personaggio, il vero nome di battesimo: Ugo (Tognazzi) è un ottimo chef insoddisfatto della vita coniugale; Philippe (Noiret) è un avvocato che vive ancora con la tata di quando era piccolo, la quale lo tratta come figlio e come amante; Marcello (Mastroianni) è un pilota dell'Alitalia malato di sesso e di automobili; Michel (Piccoli) è un produttore televisivo effemminato e divorziato. 

La pellicola può vantare un cast eccezionale e, in particolare, Tognazzi e Mastroianni riescono a risaltare, dimostrandosi attori formidabili in grado di interpretare dei personaggi oltremodo morbosi. Nel film, come detto in precedenza, saranno presenti anche scene di sesso quasi mai esplicite. Capiremo più che chiaramente quello che appare a video ma non verrà mai mostrato l'atto nella sua interezza quanto piuttosto ci verrà data l'idea, alimentando la nostra sete voyeuristica che risulta diffusa in questo genere di opere.


Tecnicamente il film è ottimo, la camera fissa riprenderà in modo freddo e distaccato il lento suicidio dei personaggi, tra un piatto di pasta ed un succulento arrosto; la fotografia sarà abbastanza cupa e renderà l'ambiente domestico quasi intimo, facendoci sentire commensali a tutti gli effetti. La sceneggiatura è perfetta, ogni personaggio è scritto nei particolari e sarà facile scegliere il nostro preferito. Sono presenti anche alcune gag che, tutto sommato, risultano simpatiche, come quella del water che esplode o della flatulenza di Michel. Sketch comici che lasciano sempre un sorriso amaro, una triste consapevolezza che noi siamo proprio come loro.

In quanto ad immersione nella storia vale la pena di citare una scena verso la fine del film: i vari amici sono a tavola e, prima di mangiare, brindano guardando dritto in camera per qualche secondo. La tecnica di guardare in macchina per coinvolgere non è certo nuova ma, mai come in questo caso, mi sono sentito colpevole e complice delle schifezze commesse dai personaggi, uno sguardo che ci accuserà di essere, in fondo, simili ai protagonisti.


Ferreri ci regala quindi un film alternativo di ottima qualità, un predecessore del Salò Pasoliniano con il quale avrà più di qualche elemento in comune, pur risultando meno crudo e più comico, nel complesso. Consiglio la visione a chiunque apprezzi il cinema italiano alternativo e a chi sia intenzionato a vedere una feroce critica al consumismo quando questo fenomeno stava ancora nascendo.

PS. Evitate come la peste la versione censurata che, purtroppo, elimina tantisime scene indispensabili per comprendere il film. Cercate la versione integrale che dura poco più di due ore.

Giudizio complessivo: 9.5
Buona Visione,


Gandelli Stefano




Trailer



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