Trainspotting 2


Regia: Danny Boyle

Vabbè Trainspotting è stato senza dubbio un film che ha significato molto per molte persone e che ha consentito a svariati giovani di avvicinarsi senza timori riverenziali al mondo della droga, salvandoli da una vita noiosa, vissuta nell’ombra della retta via, dello Straight Edge e delle buone maniere.

La sua importanza non è pertanto messa in discussione e tutti i drogat…ehm i fans del primo episodio (me compreso chiaramente), non possono non aver accolto con misurato entusiasmo la notizia dell’arrivo di questo Trainspotting 2, consci però che i personaggi avranno qualche anno in più sul groppone e che per forza di cose non potranno “andare al massimo” come facevano durante il primo episodio.


Però l’inizio è di buon auspicio (tra le varie foto/filmati che scorrono in rapida sequenza si scorge perfino il golasso di Van Persie in tuffo di testa contro la Spagna se non sbaglio) e ti fa quasi pensare ad un Mark “Rent Boy” Renton cambiato, grazie anche alla pregevole sovrapposizione delle immagini che mettono ancor più in evidenza i vent’anni trascorsi dopo che lo stesso Rent Boy aveva allegramente fottuto tutti (o almeno quasi tutti), scappando col malloppo. Ma i dubbi durano ben poco ed il regista ci ricorda sin da subito in palestra che in realtà è rimasto il solito coglionazzo

La sensazione che pervade lo spettatore, soprattutto nella prima parte per così dire introduttiva, è una certa malinconia nel vedere le condizioni in cui versano i protagonisti (strano, avrei pensato di vederli affermati professionisti 😃), che ben si accentua in particolare nel tentativo estremo del povero Spud, fondamentalmente il buono della compagnia e che invece poi...non spoilero va che è meglio.


È chiaro che il più in forma della compagnia (pur trovandosi al fresco) è il mitico Franco, sempre incazzato con chiunque gli si ponga davanti e sempre pronto a cercare (e spesso trovare) rissa. Le sue espressioni allucinate sono come di consueto una garanzia e il suo abbraccio finale con il figlio riuscirà pure a strappare qualche lacrima ai più sensibili. Per il resto invece mi è parso di notare una prestazione col freno a mano tirato degli altri, quasi come se si fossero presentati a svolgere il compitino e basta senza troppa voglia (sarebbe interessante capire quanto in realtà Ewan Mc Gregor e Jonny Lee Miller avessero a cuore questo progetto, al di là del riscontro economico che ovviamente non sarà stato per loro esattamente misero).


Alcune scene le ho trovate particolarmente intriganti, vedasi per esempio il primo incontro proprio tra i suddetti Rent Boy e Sick Boy, all’inizio quasi surreale tanto che non capisci se la freddezza con cui si interrogano l’un l’altro sia dettata più dalla paura (giustificata soprattutto se sei Renton) o dalla rabbia (giustificatissima se sei Sick). Ma pure i siparietti con George Best o il difficilmente credibile Raging Spud non sono da meno (quest’ultima immagine in particolare mi ha fatto stendere).

Le musiche si incastrano bene con le varie storie (grande Rent quando una volta ritornato nella sua stanza spara abbomba “Lust For Life”) ed il finale è esattamente come ci si aspetta; d’altronde l’arte di metterla e prenderla nel culo non la si insegna e non la si impara, o ce l’hai o non ce l’hai, e chiaramente a loro non manca (in entrambi i sensi).


Ma il problema principale di tutto il film è che non riesce mai a decollare e, pur con tutte le attenuanti del caso, non risulta minimamente paragonabile al primo capitolo. Sì d’accordo che non andrebbero fatti paragoni, ma c’è pure da dire che se questo fosse un film totalmente nuovo, senza collegamento alcuno con l’Original Trainspotting, probabilmente verrebbe archiviato come una pellicola sempliciotta senza molto da dire, che farebbe fatica a raggiungere una sufficienza che, volenti o nolenti, si guadagna proprio perché cazz dai alla fine sono sempre loro, quei 4 minchioni che han dato origine ad un lavoro che avrò visto decine di volte e che inevitabilmente mi ha fatto amare (cinematograficamente parlando si intende) ciascuno di loro.

E poi dai nella seconda parte si riprende pure un po’, guarda caso grazie ancora a Franco/Robert Carlyle, che dimostra nuovamente, e senza alcun dubbio, di essere quello che ci crede di più di tutta l’intera ciurmaglia.


Detto questo, pur non essendo rimasto esattamente soddisfatto dal risultato (ma già lo sapevo), consiglio la visione a tutti coloro che hanno apprezzato il Trainspotting degli anni ’90 e che si son sparati la prima pera proprio grazie a lui. Magari, dopo questo sequel, è la volta bbuona che riuscite a smettere (o forse no).

Giudizio complessivo: 6.5
Enjoy,





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