Fantozzi (1975)



Regia: Luciano Salce


Non ci sono cazzi, il personaggio del Ragionier Ugo Fantozzi (o Fantocci sarebbe meglio dire), è entrato di diritto nella storia del cinema italico (e non solo) e lo ha fatto con pieno merito, tanto che è quasi superfluo soffermarsi a lungo su di lui, dal momento che chiunque ne conosce i tratti più significativi.

E già perché se osservate bene la data di uscita di questo film potete leggere con sorpresa 1975 (ben 42 anni fa!) e la cosa incredibile è quanto sia attuale ancora al giorno d’oggi.

La famosa ditta ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica non è infatti così distante dai vari Ansaldo e compagnia bella, tanto che è lecito chiedersi se all’epoca era stata geniale l’accoppiata Paolo Villaggio-Luciano Salce ad enfatizzare determinanti aspetti e comportamenti o se siamo noi a rimanere ancor oggi ancorati a quelle situazioni.

L’uscita della sera, che “Aveva lo stesso rituale della partenza dei 100 metri di una finale olimpica” è uno degli esempi più calzanti, così come le innumerevoli ed inutili figure aziendali che spaziano dal Gran Maestro Dell’ufficio Raccomandazioni E Promozioni, fino ad arrivare al temutissimo Mega Direttore, passando attraverso il geniale e feroce Cavalier Catellani (celebre il suo “Chi non scatta niente scatti”), che hanno messo tutti su un mattoncino importante per l’elevazione di questa pellicola a cult straordinario.


Ovviamente la carne al fuoco era talmente tanta che un solo film non sarebbe bastato.

I sequel sono stati innumerevoli, alcuni più riusciti (cito in particolare l’eccellente Il Secondo Tragico Fantozzi), altri meno, ma il filo conduttore è sempre stato lo stesso.

I personaggi sono, senza dubbio, il vero valore aggiunto e ciascuno, a modo suo, aggiunge qualcosa alle storie che vengono via via raccontate.

Tralasciando il personaggio di Fantozzi su cui non mi va di spendere troppe parole perché si è già detto tutto il possibile (applaudo solo il grande Paolo Villaggio, per quello che è riuscito a tirar su), è d’obbligo citare i suoi familiari, nella fattispecie la storica Signora Pina Fantozzi (qui interpretata da quella Liù Bosisio che ho sempre preferito a Milena Vukotic, forse per la sua “abilità” nel sapersi rendere più meritevole di compassione) e la ancor più storica figlia Mariangela, interpretata da quel Plinio Fernando che sembra essere nato apposta per essere lei (non si può non ricordare a tal proposito una delle prime scene in cui le viene affibbiato per la prima volta il nomignolo “Cita”, in quel processo di scherno nei suoi confronti che diventerà una costante in tutti gli episodi futuri).


Poi vabbè il Ragionier Filini (Gigi Reder per i più disattenti) è la spalla perfetta e si rende protagonista di molte delle scene più epiche di questa e di tutte le pellicole Fantozziane, con l’aiuto della sempre presente Anna Mazzamauro nei panni della Signorina Silvani e del fidato Geom. Calboni.

Ora, scorrendo queste poche righe, si legge di ragionieri, geometri, mega direttori e aspetti aziendali enfatizzati, ma non si deve perdere di vista l’obiettivo principale del film: fare ridere; perché in fin dei conti è questo l’obiettivo principale.

E tale obiettivo viene ampiamente soddisfatto attraverso una serie di scene epiche ed indimenticabili, dove spesso è la voce narrante dello stesso Villaggio a regalare le perle migliori.

Ricordo giusto così per chi se le fosse perse la mitica partita di calcio tra scapoli ed ammogliati tra formazioni “Sempre molto ridotte, per ritardi, defezioni, proibizioni di madri, spose e medici curanti” o quella a biliardo con il Catellani e il suo celeberrimo “Il suo è culo la mia è classe caro il mio coglionazzo”, oppure per concludere il trittico sportivo, la epica sfida a tennis con Filini con il leggendario “Batti lei” e la storica presentazione delle divise dei due sfidanti (“Abbigliamento di Filini: gonnellino pantalone bianco di una sua zia ricca, maglietta Lacoste pure bianca, scarpa da passeggio di cuoio grasso, calza scozzese e giarrettiere, doppia racchettina Liberty da volano. Fantozzi: maglietta della GIL, mutanda ascellare aperta sul davanti e chiusa pietosamente con uno spillo da balia, grosso racchettone 1912, elegante visiera verde con la scritta "Casinò Municipale di Saint Vincent”), seconda solo a quella della battuta di caccia che vedremo in uno dei successivi episodi.


La cena al ristorante giapponese, con la tragica fine del cane della Silvani, la sciata a Courmayeur e l’incontro con il compagno Folagra che fece aprire gli occhi a Fantozzi il quale “Dopo tre mesi di letture maledette, vide la verità, e si turbò leggermente, o meglio, s'incazzò come una bestia!”, finendo col fare la conoscenza del Mega Direttore Galattico e del suo acquario in cui nuotano i dipendenti più meritevoli, chiudono perfettamente il cerchio.

L’importanza di questo film, dei suoi seguiti (quantomeno i primi 3 o 4) e del personaggio di Fantozzi è innegabile, per cui non mi resta che consigliare di vederlo subbbito a quei pochi sprovveduti che ancora non lo hanno fatto e di rivederlo con cadenza almeno annuale a tutti gli altri.

Giudizio complessivo: 9
Enjoy,


Luca Rait


Scena iniziale del film



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