The Song Of Solomon


Regia: Stephen Biro


Stephen Biro e la Unearthed Films sono tornati! E non solo.

Perché, dopo ben due anni, la saga di American Guinea Pig si arricchisce di un nuovo capitolo dopo il buono ma non eccessivamente memorabile Bloodshock, uscito nel 2016 e diretto da Marcus Koch.

American Guinea Pig 3: The Song Of Solomon, uscito soltanto con il titolo di The Song Of Solomon principalmente per ampliare il raggio di distribuzione della pellicola non alla sola America ma anche al resto del mondo, è un horror estremo del 2018 scritto e diretto da Stephen Biro e, sentite questa...è uno shock movie a tema esorcismi!

Quando ho saputo di questa peculiare caratteristica che avrebbe avuto il terzo capitolo di AGP, non ho saputo resiste alla tentazione e mi sono subito comprato il dvd. E qui di seguito, in mezzo a qualche spoiler assolutamente inevitabile per un opera del genere (prendeteli come avvertimenti se volete vedere sto film), troverete il mio parere sulla canzone di Solomone.

Partiamo.

Un uomo, dopo un monologo/dialogo con una persona off-screen, si taglia la gola e ci si infila una mano dentro mentre muore. 

Così inizia The Song Of Solomon. Chi bene inizia è già a metà dell’opera, quindi okay.

Da qui in poi facciamo la conoscenza della nostra ragazza posseduta, che inizieremo a odiare con tutto il cuore, per TUUUTTA la durata del film (per la carnale violenza di cui è causa ultima), e di alcuni preti esorcisti, pronti proprio a esorcizzare il demone della donna.


Ma c’è qualcosa di diverso questa volta, rispetto ad un “normale” esorcismo, e i preti che entrano nella sua camera, non ne escono vivi.

Questa è la trama, che si svilupperà con risvolti non troppo imprevedibili (sopratutto se vengono scritti nel fottuto retro della confezione), alla bene e meglio. E se siete fan, o almeno conoscete un minimo la serie di Guinea Pig (sia americana che l’originale giapponese), questa è già una bella novità.

Eh si, perché The Song Of Solomon è forse uno dei primi, oltre a forse essere l’unico (per ora) tra i Guinea Pig, ad avere una trama così complessa.

Ora, prendete le mie parole con le pinze eh. La trama è abbastanza basilare e neanche troppo originalissima, ma se lo guardiamo nell’ottica American Guinea Pig, è senza dubbio un ENORME passo avanti rispetto ai precedenti capitoli, per quanto riguarda la scrittura e l’input iniziale del film.

Naturalmente però, gli American Guinea Pig, sono famosi (più che altro) per la loro aberrante violenza e il disgusto, lo shock che riescono a creare, come riuscivano a fare anche i film originali. 

E non vi preoccupate, perché se la trama ha avuto un enorme miglioramento rispetto ai primi capitoli, non è da meno la violenza esplicita e il marcio che questo The Song Of Solomon ha per voi.

E qui di seguito partono spoiler, vi avviso.

AGP 3 presenta, grazie ad un comparto di primo livello per quanto riguarda gli effetti pratici (affidato a Marcus Koch, già regista dello stesso Bloodshock), una delle scene più estreme e visivamente disturbanti dell’intero franchise.

Non è una coincidenza che la scena madre, che dura praticamente circa 5 minuti, sembra davvero durare il doppio del tempo.

Insomma, vorrei vedere anche voi a guardare una persona che inizia a vomitare tutti i fottuti organi, uno dopo l’altro, e poi con un “Oh, I need those back” rimetterseli in bocca.

Vorrei vedere voi.

E qua finisce lo spoilerino. Che in realtà non era neanche una parte troppo importante per la trama, quanto per il film in se.

The Song Of Solomon però non si ferma alla sola violenza fisica, ma va oltre. Sfrutta il tema dell’esorcismo per infilarci di prepotenza anche la blasfemia, quella più pura e disturbante. Come un prete che fa cose brutte in mezzo ad un fiume di sangue. Non vi dico di più.

E non finisce qui, perché contro ogni previsione The Song Of Solomon, oltre ad essere un passo avanti rispetto ai precedenti capitoli per storia e sceneggiatura (pur nei limiti del genere “estremo” low budget) risulta essere superiore anche per tecnica e fotografia.

Eh si, pare incredibile, ma il mediocre Stephen Biro di American Guinea Pig 1 lo ritroviamo sensibilmente migliorato, forse grazie a Koch stesso, mostrando qualche scorcio interessante e gestendo in maniera inaspettatamente buona luci e sceneggiatura.

Tutto tranne gli attori.

Gli attori no.

Si, perché il vero punto negativo, e che certe volte è così fin troppo evidente da rovinare una ampia parte di film, sono gli attori.

Togliendo di mezzo la ragazza posseduta interpretata in maniera ottima da Jessica Cameron, attrice che ha costruito la sua carriera praticamente solo sui film horror, la pellicola è una fiera di attori completamente indecenti.

Zero emozioni.

Zero intonazione.

Un cane avrebbe fatto meglio.

Quindi boh, che vi devo dire?

Contestualizzato al genere estremo a cui appartiene, è senza ombra di dubbio un opera interessante, con un minimo di trama giusto per non lasciare tutto al caso, un idea di fondo intelligente, sfruttando il concetto classico di “horror con esorcismo” e costruendoci sopra un massacro di dimensioni apocalittiche con sangue, sesso, vomito, morte, morte e morte.

Quindi un 9/10 assicurato.

Se però devo dare un voto il più oggettivo possibile a The Song Of Solomon, senza tenere conto del genere a cui appartiene o al panorama estremo a cui appartiene. Beh, il mio voto è questo.

Giudizio complessivo: 6.5
Buona visione,






Trailer



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