The Post


Regia: Steven Spielberg


The Post, la nuova pellicola targata Spielberg, supera la soglia della diffusione particolareggiata di reali accadimenti storici, puntando l’attenzione sulla necessità di salvaguardare un diritto: la libertà di stampa, contro un governo statunitense emblema di menzogne e di un silenzio scottante.

La pellicola, sin da subito, prende le mosse dalla divulgazione del contenuto dei Pentagon Papers, documenti top-secret consistenti in 7000 pagine che rivelano dettagliatamente l’implicazione militare e politica degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam. Un’implicazione promossa come doverosa dalla retorica ufficiale di ben quattro presidenti, ma che non aveva effettivamente le basi per poter garantire una vittoria certa alla nazione. Il risultato di un puro atto di incoscienza, o di eccessiva sicurezza dei propri mezzi, è stato quello di condurre a morte molte giovani vite.

La sceneggiatura poggia solidamente su di uno sviluppo narrativo lineare e sostanzialmente scorrevole, il quale sembra essere incentrato tanto sull’urgenza, da parte del Washington Post, di dover rendere nota una verità taciuta per troppo tempo, quanto sulle gravi conseguenze che una simile azione potrebbe recare, in termini economici e penali, sia sul giornale che sui suoi dipendenti.

Ed è tale onerosa scelta, nonché il clima teso che si viene a costruire attorno ad essa, a dare un’impennata positiva ed incisiva al film, in prima fase un po’ lento e poco accattivante. A rinvigorire la prima parte, subentrano vere “chicche” tecniche di Spielberg, e gli interpreti principali. 

A dover decretare infatti la condanna o la gloria del Post, è la proprietaria, Kay Graham, interpretata da una Meryl Streep in un crescendo spiazzante. Il suo personaggio infatti incarna un capo in prima battuta insicuro, in quanto non adeguatamente supportato dalla sua equipe in azienda, ma poi progressivamente in grado di troneggiare su tutti per minuziosa capacità di giudizio. Accanto a lei, spicca un superbo Tom Hanks, forse addirittura superiore alla Streep, semplicemente perché gli viene attribuito maggiore spazio, nel ruolo di Ben Bradlee, direttore vivace, temerario trascinatore, e cacciatore onesto della notizia succulenta da piazzare in prima pagina.


Un film ben realizzato, funzionale ed efficace nei suoi validi presupposti di non voler tacere dinanzi alle imposizione dei piani alti, ma non so se al punto tale da battere i suoi avversari nella categoria miglior film!

Giudizio complessivo: 7.5
Buona visione,





Trailer



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