Easy Rider


Regia: Dennis Hopper



Debutto registico dell'attore/regista Dennis Hopper in un film che, sicuramente, ha fatto la storia ed ha portato alla luce una realtà che, in quegli anni, spopolava in America: la cultura hippie.

Partiamo dal principio, la storia è quella di Capitan America (no, non quel Capitan America) e Billy, due motociclisti che decidono di attraversare gli USA in sella ai loro nuovi chopper verso New Orleans, così da poter vedere il carnevale della cittadina. Durante il loro viaggio verranno in contatto con diverse realtà e si faranno tanti amici quanto nemici, imparando da ognuno qualcosa di nuovo, il tutto tra una bottiglia di birra ed una sostanza stupefacente.

Easy Rider ha reso popolare il genere Road Movie, ovvero un film basato sul viaggio e sull'avventura, una sorta di reinterpretazione urbana di quello che era il genere Western, anche se rispetto a quest'ultimo qua il confine tra bene e male è molto più sfumato e soggettivo.





Non ci sarà nel film infatti un vero e proprio antagonista quanto piuttosto la presa di coscienza da parte dello spettatore che ciascuno di noi è in parte colpevole. Uno dei punti cardine del film è la consapevolezza che la gente riesce a giudicare (e spesso ad odiare) una persona solo per un modo di vestirsi o, in termini più generali, per un pregiudizio, spesso senza nemmeno conoscerla o averci mai avuto niente a che fare. Più volte i nostri bikers si troveranno in situazioni "civili" nelle quali verranno guardati dall'alto al basso come se fossero scarti della società da evitare ad ogni costo, e, perchè no, anche da pestare.

Questo genere di atteggiamento riflette quello che l'america stava vivendo in quegli anni, la lotta contro gli hippie e il loro modo di vivere senza regole, eccezion fatta per l'amore libero e l'uso sovrabbodante di droghe ed allucinogeni. Easy Rider quindi può esere visto come un'inchiesta sui movimenti giovanili di quegli anni, un film di denuncia che ha aperto le strade a film alternativi all'interno della Hollywood benpensante, permettendo ai registi di sperimentare film e tematiche non comuni in quell'ambiente.


Altra caratteristica abbastanza singolare è il fatto che, per buona parte delle riprese, i vari attori erano davvero sotto l'efftto di sostanze stupefacenti e/o ubriachi, questo forse per rendere il tutto più vero (e direi che da questo punto di vista ci sono riusciti appieno). Degna di nota una delle scene finali, quella del cimitero, nella quale realtà ed allucinazione si fondono alla perfezione e lasciano lo spettatore abbastanza spiazzato di fronte ad un trip che anticipa di trent'anni se non di più i viaggi allucinati di Gaspar Noé nei suoi film.

La pellicola però non è il ritratto della perfezione, anzi, ha più di qualche piccolo difetto che, sommato a tutti gli altri, trasforma un possibile capolavoro in un film medio-buono, ma nulla di più. So già che li fuori ci sarà qualche fan accanito pronto a mettermi al rogo dopo una genere affermazione, ma posso spiegare.

Il primo elemento che non mi ha convinto è l'invecchiamento. Ci sono film che, anche dopo cinquant'anni e passa dalla loro uscita, sono ancora attuali e contemporanei, riescono ad intrattenere lo spettatore come un tempo e ad intrigare chi li guarda. Easy Rider, mi dispiace dirlo, ma è invecchiato abbastanza male, risente parecchio lo scorrere del tempo e in più di un occasione ho avuto l'impressione che ci fosse qualcosa di troppo "attempato" che rovinava l'atmosfera. Questa è una di quelle pellicole che credo sia necessario vedere appena uscita per riuscire a gustarsela appieno: chi l'ha vista negli ani 70 di sicuro sarà rimasto colpito dalla sovversività del film ma uno spettatore di questi anni potrebbe non apprezzarlo allo stesso modo.

La mancanza di una vera e propria trama poi di certo non aiuta, il film risulta davvero troppo lento e abbastanza superfluo in molte scene nelle quali non accade nulla di interessante e ci vengono mostrate situazioni apparentemente fini a se stesse, anzi, togliamo anche l'apparentemente. L'unico momento dove il film aumenta il ritmo è quella mezz'ora con Jack Nicholson che riesce a risollevare il film in maniera magistrale, catalizzando l'attenzione dello spettatore e riuscendo ad intrattenere più di tutto il resto del cast messo assieme. 


Per quanto riguarda le scene lente sopracitate, va detto che non sono totalmente da buttare. Ci sono infatti a darci conforto una splendida colonna sonora con tutti i più grandi successi rock di quegli anni e meravigliose vedute del deserto, tra piccole oasi ed aride montagne che si stagliano monumentali nel cielo terso degli States.

Ultima nota negativa è il finale. Personalmente non l'ho capito molto, o meglio, non ho capito perchè sia stato scelto un finale così banale e senza senso. Non voglio fare spoiler ma un finale del genere me lo sarei aspettato da un film che cerca di fare una morale sulla droga, non da uno che ci mostra il lato libertino e spensierato degli stupefacenti. Bah...

Un film che molti adorano ma che personalmente mi ha un po deluso, una pellicola con un forte messaggio di protesta che non sempre riesce ad intrattenere ed interessare. Consigliato agli amanti dei classici e dei Road Movie.


Giudizio complessivo: 7
Buona Visione,


Stefano Gandelli




Trailer




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