Bianco





Regia: Roberto Di Vito

Bianco è la storia di un uomo che si risveglia legato mani e piedi con gli occhi bendati. Vedrà solamente il bianco del tessuto e sarà costretto a ripensare alla sua vita passata per far passare il tempo, ripenserà alla sua accìdia e al suo modo svogliato di vivere la vita, tra delusioni e fallimenti.
Quando gli verrà tolta la benda scoprirà di essere stato rapito da sue sequestratori che lo hanno confuso per il figlio di un ricco imprenditore locale. Anche quando sarà senza benda si ritroverà in una stanza bianca e per la maggior parte del tempo ripenserà quindi a tutti i momenti passati, tra ricordi ed incubi.






Come intuibile dalla trama, il film punta quasi totalmente sull’aspetto psicologico della vicenda, tralasciando completamente la parte di “azione” in favore di una più riflessiva e contemplativa. 
Il film, pur essendo a costo zero, parte da un incipit narrativo piuttosto interessante che avrebbe potuto rendere la pellicola un piccolo cult, se fosse stata girata diversamente.




Il film infatti presenta tre grandi problemi: la colonna sonora, il montaggio e la sceneggiatura.

Per quanto riguarda la colonna sonora, devo esprimere tutto il mio disappunto dovuto alla presenza costante e quasi onnipresente di brani particolarmente fastidiosi ed invasivi, musica elettronica che mal si sposa con le immagini che vedremo e che farà perdere alla pellicola molto del suo potenziale fascino. Le poche scene silenziose (o quantomeno con un rumore sordo od ovattato di sottofondo) sono realizzate davvero bene e ci faranno immergere nel film per pochi istanti, fino all’inizio del successivo brano che invade la scena e deconcentra.

Il secondo grande problema è il montaggio e, in particolare, le dissolvenze tra le diverse scene. Il film si chiama Bianco, lo so, ma l’inserimento continuo di scene totalmente bianche ed accecanti risulta davvero fastidioso a lungo andare. Capisco l’esigenza di farci vedere il mondo da una benda, ma non è necessario usare una schermata totalmente bianca, specialmente dopo sequenze totalmente buie. Un effetto davvero sgradevole.

Ultimo difetto, ma non per importanza, è la sceneggiatura. I dialoghi nel film non sono moltissimi (per fortuna) ma quei pochi che ci sono non sono assolutamente grandiosi ma, anzi, cadono spesso nel banale. Ad aggravare la situazione si unisce un cast forse non all’altezza, attori che sembrano ripresi da una telecamera per la prima volta nella loro vita (protagonista compreso).





Bisogna però spezzare una lancia a favore del film: come detto in precedenza il film è stato girato con budget pressochè nullo e mi rendo conto che, in queste condizioni, sia anche difficile riuscire a girare un film. Considero quindi parte di questi errori dovuti più che tutto ad una mancanza di budget che ad una carenza di talento (fatta eccezione per l’uso eccessivo della musica, quello si poteva tranquillamente evitare).

Il film, da un punto di vista visivo, mi ha lasciato invece piuttosto soddisfatto: le inquadrature sono studiate nei dettagli e, accanto ad un ottima fotografia, troveremo immagini che accentuano la profondità di campo e che ci mostreranno bellissimi scorci della parte abbandonata della città, come cantieri e vecchie case abbandonate. 



Un vero peccato quindi, un film che mi ha fatto arrabbiare perché sarebbe potuto diventare davvero carino se solo fossero stati presi alcuni accorgimenti. Confido che il prossimo film del regista riesca a redimere questo mezzo passo falso.



Giudizio complessivo: 5


Buona Visione,
Stefano Gandelli



Trailer



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