Taxidermia


Regia: György Pálfi


Taxidermia è un film che potremmo definire a episodi, seguiremo infatti la vita di tre elementi della famiglia ungherese Balatony nel corso di altrettante generazioni.

Morosgoványi è un soldato durante la seconda guerra mondiale e il suo principale problema è una visione morbosa del sesso e dell’autoerotismo, due elementi che lo spingeranno oltre ogni limite e che lo porteranno ad una fine non lieta.


Kálmán è invece il figlio, nato da Morosgoványi ed un inserviente della villa presso la quale il soldato era in servizio. Il figlio è stato concepito sopra la carcassa di un maiale ucciso e macellato quella mattina e, alla sua nascita, Kálmán è dotato di una piccola coda arricciolata, come quella di un maiale appunto. Questo fatto così “anormale” spiega la vita futura di Kálmán, campione internazionale di abbuffata sportiva, gare nelle quali vince chi riesce a mangiare più tempo nel minor tempo possibile. 

La fama di Kálmán lo porterà a sposarsi, ad avere un figlio e ad ingrassare all’inverosimile.

Lajoska, il figlio, è ormai grande ed è cresciuto all’opposto del padre: magro, solitario, odia le abbuffate sportive e come lavoro è un tassidermista. Nel tempo perso aiuta il padre ormai totalmente invalido a sopravvivere, nutrendolo e cercando di tenere vivi i suoi gatti, nonostante le ripetute offese da parte di Kálmán che lo sbeffeggia e lo insulta ad ogni occasione.


Il finale è tutto da vedere ed è il tragico epilogo di una famiglia che incarna ogni tipo di elemento negativo presente nella società.

Ogni storia, quindi, riesce a raccontare tramite i tre personaggi, i 7 peccati capitali.

Morosgoványi come anticipato era attratto dal sesso in modo malsano e disposto a tutto pur di provare piacere, compreso il fuoco e ciò che è considerato putrido e deviato dalla maggior parte della società, incarnazione perfetta della Lussuria.

Kálmán è, tra i tre, il personaggio più negativo. È fin troppo evidente il peccato di Gola che deriva , accostato però alla Superbia da campione mondiale, all’Invidia nei confronti degli sifdanti ed all’Avarizia che lo porta a sfruttare il figlio per sopravvivere.

Lajoska, d’altra parte, rappresenta alla perfezione l’Accidia, la mancanza di voglia di vivere e l’Ira, nei confronti di un padre che non l’ha mai amato.

Tutto questo insieme di elementi negativi è stato utilizzato dal regista per muovere un critica di tipo politico al comunismo, visto come partito che ormai ha perso di vista i propri ideali e che sta naufragando, svuotandolo di tutti i valori (nel film questo viene estetizzato nella bellissima scena del suicidio). 

Una critica di questo tipo però non è nuova al cinema dell’est-Europa, anzi, è ben radicata e già altri registi come Srđan Spasojević in A Serbian Film o Dušan Makavejev in Sweet Movie muovono critiche di questo tipo, il primo sul fronte sessuale e il secondo sul fronte alimentare (paragonabili rispettivamente al primo ed al secondo episodio quindi).


Tecnicamente, il film è davvero ben fatto. Alcune riprese sono particolarmente audaci ed azzeccate, come la rotazione attorno al pavimento nella scena con la vasca da bagno, l’immersione in un libro pop-up dal quale escono attori in carne ed ossa oppure le riprese dell’estrazione degli organi durante le imbalsamazioni di Lajoska.

Riguardo alle imbalsamazioni, queste sono le uniche scene di violenza esplicita nella pellicola, unite ai litri di vomito che si riverseranno sullo schermo. La violenza infatti in Taxidermia sta nelle idee malsane che colpiscono lo spettatore non tanto visivamente quanto concettualmente. 

Da notare alcuni richiami ad opere d’arte ben più famose come L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci (la cena a bordo dello yatch nel secondo episodio) oppure la Nike di Samotracia (il corpo di Lajoska nel terzo episodio).

Un film non semplice che a molti potrebbe far storcere il naso, consigliato solo a coloro che amano il cinema grottesco e scene concettualmente (e a tratti visivamente) disturbanti.

Giudizio complessivo: 7.5
Buona Visione,

Stefano Gandelli




Trailer


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