Scarface


Regia: Brian De Palma


Vabbè il commento presenta qualche spoiler, ma tanto la storia la conoscete tutti.


Non c’è niente da fare, non bastano 10 milioni di volte, c’è sempre un motivo valido per rivedere Scarface.

E stavolta galeotta è stata la custodia di GTA Vice City, un gioco che all’epoca ho letteralmente consumato e che non può non far tornare alla mente questo capolavoro di film, con le ambientazioni lungo la Miami “bene”, i traffici di droga, le sparatorie e soprattutto la mega villona di Vercetti che è esattamente uguale a quella di Tony Montana.

E poi vabbè è pure successa da pochi giorni la faccenda del povero Fidel (pace all’anima sua) e quindi non c’era proprio migliore occasione di “perdere” queste 3 preziose ore di vita per ripercorrere la scalata di uno dei personaggi più mitici che il cinema ci ha regalato, incominciando proprio con un discorso di Castro che, indirettamente, ci introduce subito all’interno delle vicende di Montana.

In realtà il film sarebbe pure una sorta di remake dell’omonimo film girato negli anni 30, avente sempre come protagonista il Tony della situazione, ma da cui poi questo lavoro si discosta in maniera più o meno considerevole (mi baso solo su quanto letto, dato che non ho avuto il piacere di vederlo). E comunque in ogni caso l’accoppiata Oliver StoneBrian De Palma qui si è davvero superata.

Il protagonista indiscusso della vicenda è chiaramente un monumentale Al Pacino, che si prende immediatamente la scena e non la molla più, neppure quando ormai per lui non c’è più nulla da fare.

Le sue espressioni, la sua faccia da schiaffi che sembra voglia prendere per il culo ogni suo singolo interlocutore (e probabilmente è proprio così) e il suo carisma, con il quale riesce in un amen a far sciogliere perfino quella profumiera di Elvira (meravigliosa a proposito Michelle Pfeiffer, che come donna del boss è perfetta, quasi sui livelli di Mia Wallace che, con rispetto parlando, per me resta il top) sono clamorosi, così come le sue reazioni quando gli rinfacciano in malo modo le sue origini (fantastico a proposito il momento in cui proprio Elvira lo apostrofa come “uno sceso da una nave di banane”, facendolo lievemente incacchiare).


A testimonianza di ciò ripenso pure a come sia riuscito a farmi sorridere, anche quando parla male del comunismo (“Io un comunista lo uccido anche gratis, ma per la carta verde sarei disposto anche a sotterrarlo”). Non giriamoci intorno, Al è perfetto per questo tipo di ruoli, così come già lo era stato nei vari episodi de Il Padrino e come lo sarà più avanti in Carlito’s Way, quando De Palma tornerà a dirigerlo con successo.

Ah ovviamente in tutto questo lungo elogio ad Al Pacino, non posso non tralasciare il fantastico doppiaggio di Ferruccio Amendola che, contrariamente alle mie abitudini, qui mi fa nettamente preferire la versione doppiata rispetto a quella originale.

Il film poi vede raccontare tutta l’ascesa di Tony, che parte dal nulla verso il suo obiettivo di “prendersi il mondo intero”, così come dichiara all’amico Manny, manco fossero Mignolo e Prof. Forse il processo di crescita del protagonista è vissuto in maniera un po’ frettolosa, ma solo perché in realtà lo svolgimento della vicenda è talmente ben congegnato che le 3 ore di durata alla fine non sembrano manco la metà. È chiaro che ci sarebbe voluta una serie intera per godere al meglio di tutta la situazione (registi pensateci, che siete ancora in tempo!).

Ovviamente vengono coinvolti tutti all’interno dei traffici, dai politici ai poliziotti, con una “leggera” critica alle autorità dell’epoca e con alcune perle di saggezza sparse qui e là (“Lo sai che significa capitalismo?” “Fregare la gente”)

Le scene mitiche non si contano, ma tra tutte la mia preferita è quando, fatto come un cocomero, Tony sbrocca all’interno del ristorante, con un discorso da Oscar ai commensali attoniti e visibilmente preoccupati, e che non posso fare a meno di citare nella sua interezza:


…“Che avete da guardare? Siete solo una manica di coglioni. Sapete perché? Perché non avete il fegato per stare dove vorreste stare. Voi avete bisogno di gente come me. Vi serve la gente come me, così potete puntare il vostro dito del cazzo e dire: “Quello è un uomo cattivo”. Be'? E dopo come vi sentite, buoni? Voi non siete buoni. Sapete solo nascondervi, solo dire bugie. Io non ho questo problema. Io dico sempre la verità, anche quando dico le bugie. Coraggio, augurate la buona notte al cattivo, coraggio. È l'ultima volta che lo vedete un cattivo come me, ve lo dico io. Forza, fate passare l'uomo cattivo. Attenti sta arrivando il cattivo! Meglio che vi fate da parte!

E da qui in poi Al Pacino regala veramente il meglio di se, perdendo totalmente la testa, mandando a fanculo tutti e scavandosi automaticamente la fossa.

Il finale infatti è severo ma giusto ed esce tutta la sua arroganza, l’incoscienza e la megalomania, accentuata indubbiamente dal fatto di essersi pure pippato mezza Colombia (o Bolivia vai a saperlo).


Quel che stupisce però è che nonostante tutto (soprattutto ciò che accade dopo la metà film), la figura di Montana non riesce a essere totalmente negativa, ma appare comunque affascinante e non puoi che fare il tifo per lui, così come accade solo ai grandissimi.

Chiudo citando solo il passo finale quando, ormai sotto attacco, difende il suo mondo fino all’ultima pallottola: 

…”Avanti! Coraggio! E allora? Adesso vi basta? Eh? Brutti finocchi bastardi! Volete eliminarmi? Vi ci vuole tutto l'esercito per eliminarmi! Avete sentito? Io vi spedisco tutti quanti all'inferno! Coraggio, vieni qui! Con chi vi credete di fare la guerra? Io sono Tony Montana! State facendo la guerra a me? Fate la guerra al numero uno! Sto ancora in piedi, no?! Coraggio, me ne sbatto delle vostre pallottole! Avanti, continuate a sparare, avanti! Continuate a spararmi! Me ne sbatto delle vostre pallottole!

Un capolavoro senza tempo, da rivedere ogni qual volta se ne senta il bisogno e da tramandare ai posteri.

Giudizio complessivo: 10
Enjoy,

Luca Rait



Trailer



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